Bisogna per forza amare il proprio lavoro per poterlo fare al meglio? L’ingrediente più importante per i panettoni è davvero la passione?
Leggo di campioni di tennis che hanno sempre odiato il loro sport, ne sono stati ossessionati fin da piccoli e per tutto il tempo che lo hanno praticato. Eppure sono diventati i numeri 1 al mondo.
Conosco scrittori e cantanti che hanno utilizzato poesia e musica per affrontare le loro paure, le insicurezze. La loro arte non è stata il frutto di sentimenti positivi.
La retorica della passione e dell’amore in questi casi non funziona? Non sono più ingredienti indispensabili, ma se ci sono meglio?
Trovo sempre più difficile amare il mio lavoro, tra novembre e dicembre mi è ragionevolmente impossibile amarlo. I panettoni mi occupano circa 16 ore al giorno, detesto farli (proprio come Agassi detesta il tennis probabilmente). Eppure dopo tanti anni mi riscopro, prima di ogni stagione, a riselezionare i canditi migliori, a rivalutare i decigrammi degli ingredienti, a ristudiare i minuti di lievitazione, le temperature. Mi diverto a sperimentare nuove farine, ad abbinare sapori differenti, a sviluppare nuovi profumi.
Addirittura mi stupisco nel trovarmi agguerrito partecipante di concorsi nazionali, io che per indole non sono mai stato particolarmente competitivo.
Ci ragiono un po’…. Cerco… Leggo…
“La vita felice muove i primi passi partendo dalle dolci lande dell’amore. Un viaggio che si nutre di passioni animate dall’ardore… …Con il tempo all’ardore subentra un qualcosa di diverso, altrettanto grande e bello, l’ambizione. L’ambizione ci motiva, ci induce a realizzare i nostri sogni, i nostri desideri.”
Ecco la risposta, ringrazio Pascal, chiudo il libro, ho qualche ora per dormire e poi di nuovo in laboratorio.